sabato 14 ottobre 2017

Ticino again

In un ramo secondario

Tutte le volte che mi capita un'assistenza ad una gara di skyrunning mi faccio sempre la stessa domanda: ma cosa si godono gli atleti della montagna ad andare in giro così?

Un piccolo assaggio della risposta l'ho avuto due settimane fa alla Ticino Marathon; tre ore in cui si aveva in testa una sola ed unica cosa: pagaiare senza sosta.

Alessandro in lanca Ayala
Dell'ambiente circostante ho potuto vedere ben poco anche se di sfuggita ho notato angolini interessanti che meritavano uno sguardo più attento: lanche che avrei voluto esplorare, tronchi semisommersi, colonie numerosissime di aironi che riposavano incuranti del nostro passaggio, infinite distese di natura selvaggia, tunnel di vegetazione...
Quando trovo qualcosa di bello mi piace fermarmi, contemplare a lungo il paesaggio, fare delle foto, insinuarmi fin dove l'acqua arriva e magari addirittura sbarcare e fare qualche passo a piedi per guadagnare un punto di osservazione diverso.

Sono quindi tornato a casa con l'impressione di essermi perso gran parte di quello che il luogo aveva da offrirmi. Ecco perchè con Marco EKO abbiamo pensato di tornare qui a sole 2 settimane dalla maratona per ripercorrere il tratto Vigevano-Bereguardo; ovvero esattamente la prima metà del percorso di gara.

Alessandro e Michele giocano con la corrente
Assieme a noi sono venuti anche Michele (una nuova conoscenza, che ho scoperto essere amante del delta del Po oltre che Pentaxiano di vecchia data) a bordo di un bellissimo Nautiraid smontabile ed anche Alessandro (che avevo conosciuto lo scorso anno al raduno autunnale sul Garda).
Alessandro con uno splendido Rockpool Isel e pagaia groenlandese ha preso subito confidenza con le dinamiche del fiume ed è stato divertentissimo vedere un kayak così spiccatamente marino entrare ed uscire dalle morte con un'agilità impressionante per poi partire come un proiettile quando entrava in corrente per sfruttare la sua spinta verso valle.

Ce la siamo presa comoda. Lasciata un'auto a Bereguardo siamo risaliti con un mezzo solo fino a Vigevano. Imbarcati alle 10:30 abbiamo cominciato l'esplorazione di lanche, rami morti e rami secondari riuscendo a cogliere la vera essenza di questo fiume che scorre incredibilmente selvaggio a due passi da grosse città. Siamo anche sbarcati più volte: per qualche trasbordo dopo essere finiti in fondo ad un ramo cieco, per rifocillarci o anche solo per vedere da vicino un tronco spiaggiato dalla forma particolare.
Spesso ci siamo infilati in canali secondari con una vegetazione talmente folta che a tratti ci sembrava di essere finiti in un documentario su qualche giungla tropicale.

I colori dell'autunno, l'apparente sensazione di essere lontano dal caos delle città e la calma con cui abbiamo affrontato questa escursione hanno fatto si che Alessandro la definisse un'uscita zen.

In realtà oltre ai lunghi momenti di kayak-zen ci sono stati anche attimi altamente dinamici: la corrente non è mancata! Sebbene il fiume fosse meno pieno di due settimane fa (e purtroppo anche un po' meno pulito) la sua forza non è stata da meno.
Ci abbiamo giocato, l'abbiamo sfruttata e spesso ci abbiamo anche combattuto risalendo qualche brevissimo tratto con lo scopo di entrare in una lanca o in un ramo che si trovava sulla sponda opposta alla nostra.
Non nascondo che ci sono state delle occasioni in cui il fiume ci ha ricordato che se vuole ci può disarcionare e farci fare un bel bagno. Nei tratti in cui la corrente era più forte, sui punti di transizione con le morte vieni letteralmente strattonato ed un paio di volte mi è capitato di pensare “adesso finisco in acqua”. E' il prezzo da pagare per voler utilizzare dei kayak con chiglia sul fiume.
C'è da dire però che tutti avevamo barche abbastanza stabili, mi chiedo ancora come abbiano fatto alcuni atleti a fare la gara in K1 da velocità con barche che si ribaltano solo a guardarle.

Abbiamo impiegato un'intera giornata per percorrere un tratto di fiume che due settimane fa ha richiesto un'ora e mezza. Ma quella che abbiamo fatto oggi non era una semplice discesa ma una vera e propria esplorazione. Lenta, con tantissime deviazioni ed assolutamente approfondita godendo a pieno del paesaggio. Ed in buona compagnia.
E per me è così che si va in kayak.
  


Marco ed Alessandro in un tratto particolarmente calmo


L'ingresso di un canaletto pieno di pesci
passaggi forzati per evitare un trasbordo


passaggio molto wild

Marco in formazione coi cigni
Michele entra in una lanca


Michele di fronte al ponte di chiatte di Bereguardo


giovedì 5 ottobre 2017

Paddler's rulez!!! Oggi il lago era tutto nostro!


Oggi avevo una giornata libera dal lavoro e la macchina che, a causa della mia infinita pigrizia, era ancora carica di parte dell'attrezzatura portata domenica alla Ticino Marathon.
Quale migliore occasione per un bel giretto in solitaria?

Mi sono imbarcato alle 10.30 del mattino dallo scivolo d'alaggio di Pescate, risalendo l'Adda fino a Lecco ho trovato una bella corrente contraria ma nulla di insuperabile.
Il lago era praticamente deserto ed il clima perfetto; dallo scivolo sono partiti due gommoni mentre un altro kayak scendeva dalla sponda opposta, in tutta la giornata ho visto meno di dieci barche a motore ed una sola vela. In compenso non sono mancati gli amanti della pagaia, oggi il lago sembrava tutto nostro!

Questa uscita in tutta tranquillità è stata in netto contrasto con quella di domenica: nessun percorso pianificato, niente tempi da rispettare,quasi nessuno in acqua e nessuna difficoltà tecnica. Un gradevole lento girovagare senza pensieri!

Gianni rientra verso la sua base di rimessaggio
Mi sono fermato qualche minuto su una spiaggetta poco dopo l'Orsa Maggiore e quando sono ripartito mi ha raggiunto un altro canoista con cui ho fatto subito conoscenza.
Gianni è un 77enne lecchese che quasi quotidianamente percorre questo tratto di lago con il suo fiammante Nelo da fitness (forse un Viper). Abbiamo pagaiato assieme per una decina di minuti conversando piacevolmente, non appena mi ha detto di avere anche un vecchio ASA gli ho fatto sapere del raduno di canoe vintage previsto per questa primavera a Pusiano. Poco prima che lui invertisse la rotta ci siamo scambiati i numeri di telefono, ci sentiremo quando avrò dettagli maggiori riguardo a questo imperdibile evento.

Il kayaker di cui non ricordo il nome di fronte ad Abbadia
Arrivato alla Punta di Abbadia ho deciso di interrompere la risalita e raggiungere la sponda opposta per il rientro. Qui ho incrociato la rotta di un altro canoista: un giovane ragazzo di Lecco che, a bordo del suo kayak decisamente marino (forse un Tiderace Xcape stranamente senza loghi) si godeva anche lui il lago piatto e deserto. Ci siamo fermati qualche minuto per salutarci e scambiare quattro parole dopodiché lui ha puntato Mandello mentre io ho ripreso la traversata verso la spiaggia del Moregallo nei pressi della quale sono sbarcato per il pranzo al sacco.
A stomaco pieno si pagaia meglio! Su questa sponda mi sono divertito a fare lo slalom tra le barche ormeggiate ai gavitelli fuori dai porti e mi sono anche fermato a qualche decina di metri di distanza da riva a guardare un nutrito gruppo di K1 olimpici della Canottieri Lecco che si allenavano su un circuito immaginario tra la punta di Malgrate ed un pilone del pone nuovo.

Ultimo incontro della giornata un ragazzino che a bordo di un “plasticone” tipo Oasis si dirigeva dalla sede della canottieri verso la partenza dei K1 in allenamento. Un rapido “ciao” e via ognuno per la sua strada.

Sono stato indeciso fino all'ultimo se concludere così il giro o proseguire verso Vercurago. Erano solo le 3 del pomeriggio e ci sarebbe stato tutto il tempo di proseguire ancora ma alla fine ho deciso di concludere qui.

In 4 ore ho percorso con estrema calma 16,5km (quasi 9nm); non molti ma l'idea con cui ero partito la mattina era fare qualcosa di riposante e per nulla impegnativo quindi è stato ottimo così.


K1 olimpico di fronte al centro di Lecco

lunedì 2 ottobre 2017

Prima volta in fiume: Vigevano-Pavia Marathon

Non avevo mai pagaiato su fiume se si escludono tratti brevi di Adda e Mera in prossimità del Lario; tratti che ben poco hanno di "fluviale" ma conservano le caratteristiche di placidi prolungamenti lacustri. Stessa cosa per il Po in cui ho navigato per una settimana con Gloria qualche tratto del suo delta dove francamente si fatica a distinguere tra fiume, mare e laguna.
L'idea di partecipare ad un evento organizzato mi balenava in testa da un po': queste occasioni garantiscono un'ottima sicurezza in acqua con assistenza sovrabbondante e qualificata in caso di ostacoli o scuffie ed adeguata organizzazione logistica per il trasporto tra partenza e traguardo.
Non ho potuto quindi rinunciare all'invito di Marco EKO Ferrario per la scorsa domenica alla maratona del Ticino: 42km da Vigevano a Pavia.

Prima di procedere all'iscrizione via web ho spulciato il sito e fatto una ricerca su Google e Youtube. Il percorso prevede I° e II° grado che, leggendo la definizione presa dal mio manuale al capitolo discesa fluviale, sarebbe:
Mediamente difficile: Passaggi liberi, correnti ed onde irregolari, piccoli mulinelli e ostacoli in corrente, dislivelli limitati. 

Nelle foto e video delle edizioni precedenti ho visto anche kayak spiccatamente marini per cui ho pensato che il mio Prijon Touryak si sarebbe trovato perfettamente a suo agio su quel percorso.

Il mio Kayak si, io un po' meno!

All'arrivo a Vigevano qualche problema dovuti a pecche organizzative
In realtà di rapide vere e proprie non ne ho notate mentre passaggi in cui la corrente era davvero forte e creava morte, mulinelli e strane correnti si; è stata così impegnativa dal punto di vista tecnico tutta la prima metà del percorso. Probabilmente la piena dei giorni scorsi e dall'abbondanza di acqua che ci hanno riferito gli abitanti della zona ha un po' accentuato la forza del fiume specie nel primo tratto.


Gli habitué di questo evento e delle discese fluviali in generale mi avevano riferito che per i primi 20 km (fino al ponte di barche di Bereguardo) si sarebbe filati via lisci mentre la parte difficile sarebbe stata da li in poi dove l'effetto della corrente si sente meno e si deve faticare per raggiungere il traguardo al punto che si ha l'impressione che l'ultimo tratto sia "in salita".
Io personalmente non essendo abituato alle dinamiche dell'ambiente fluviale ma amando le acque ferme ho trovato vero l'esatto opposto.
Durante la prima parte di percorso la corrente mi ha infastidito parecchio, ci ho litigato spesso non riuscendo a disegnare le giuste traiettorie per sfruttarla a pieno a mio favore come vedevo fare agli altri.
Spesso e volentieri l'acqua mi spingeva nelle morte e nei rapidi punti di transizione mi ritrovavo con la  poppa nella corrente che spingeva forte verso valle e la prua in acqua ferma: la conseguenza era trovarsi improvvisamente fermo in una lavatrice che ti strattonava nervosamente a destra e sinistra e ti girava rapidamente con la prua a monte. In un tratto piuttosto dritto che mi sembrava relativamente tranquillo ho visto una canadese con tre occupanti che procedeva poco avanti a me piegarsi improvvisamente a destra ed istantaneamente girarsi di più di novanta gradi mentre gli occupanti riprendevano a pagaiare con una foga mai vista, non ho avuto neanche il tempo di pensare "cosa diavolo stanno combinando quei tre?" che mi sono ritrovato anche io sul margine di un gigantesco mulinello. A fine discesa, mentre mangiavamo, altri partecipanti ci hanno poi detto di averne visti e schivati ben 3 di mulinelli giganteschi.
In questo tratto avrei tanto voluto avere un kayak con maggior stabilità direzionale anche se, col senno di poi, non so effettivamente quanto sarebbe cambiato.

Arrivato al ponte di Bereguardo sapevo di essere a metà percorso e l'idea di dover affrontare ancora quella che veniva definita come parte più faticosa mi preoccupava non poco. Oltretutto l'intero percorso da Vigevano a Pavia ha presentato un continuo ed ostinato vento contrario.
Fino a qui Marco è stato parecchio avanti a me mentre io faticavo assieme ad una coppia di agoniste provenienti dal trentino che hanno fatto la prima metà gara lentamente su dei k1discesa in plastica (su cui non si trovavano a loro agio) ed a Bereguardo hanno cambiato col loro k2 olimpico con cui sono filate via alla velocità della luce.

La seconda parte, dove i kayaker d'acqua bianca si annoiavano, è stata per me la più piacevole e meno faticosa. Il fiume si allarga e la corrente perde di forza. Non ci sono più morte marcate ed altri pericoli se non grossi rami semi semi sommersi tra cui è divertente fare lo slalom. Si pagaia tranquillamente senza lottare contro la forza del fiume con il fiume stesso che, questa volta molto gentilmente, ti spinge avanti. Sono riuscito a mantenere -sempre nelle retrovie del gruppo- il passo di Marco che ha rallentato per chiacchierare con alcuni amici. Diciamo che nella seconda metà sono anche riuscito a godermi un po' il tutto senza preoccupazioni ed a guardarmi un po' intorno notando degli scorci paesaggistici molto interessanti e grosse colonie di aironi.

Non ho fatto molte foto. La maratona è sia turistica che agonistica ma anche per chi se la prende comoda c'è da pensare solo a pagaiare di gran lena dato che comunque ci sono dei tempi da rispettare.
Ci abbiamo messo 3h 13' (tempo preso con il cellulare, noi amatori non venivamo cronometrati ufficialmente). Questo fa capire quanto effettivamente il fiume, anche nei tratti dove la corrente mette in difficoltà, aiuti parecchio ad accorciare le distanze. Al lago in questo tempo percorro si e no 1/3 dei 42km fatti in questa occasione, magari concedendomi anche delle pause per riposare.
Il vincitore, l'ungherese Gabor Aranyosi - categoria K1 senior, ci ha messo 1h 50'.

Sono arrivato tra gli ultimi 10, credo quintultimo se non ho dimenticato di contare qualcuno rimasto in dietro. Non mi vergogno a dire che per qualche km poco dopo Bereguardo dietro di me c'era solo la scopa.

Per il prossimo anno, decidessi di partecipare di nuovo, servirebbe un approccio diverso. La giornata -in realtà l'intero week end- è completamente impostata all'agonismo e ben poco condivide dello spirito dei raduni e degli incontri a cui sono abituato. Da una "maratona" mi aspettavo dei ristori (che non ci sono stati) ed un minimo di organizzazione al punto di imbarco (io sono restato a Vigevano dalla mattina mentre Marco ha portato l'auto a Pavia per poi tornare con la navetta dell'organizzazione).
C'è da portarsi del cibo al sacco dato che al punto di partenza non c'è neanche un bar/chiosco e il pranzo a cui ci si può iscrivere è a Pavia. Fortunatamente avevo portato una barretta e due red-bull altrimenti sarei stato completamente a digiuno dalle 6 di mattina fino alla fine della maratona.

Tanti anche gli incontri interessanti. Tra le persone che Marco mi ha presentato c'è anche Andrea Alessandrini, una vera e propria leggenda vivente del kayak italiano. Oggi è un arzillo signore che a breve compirà 80 anni ma ha ancora il fisico per scendere in acqua e concludere questa impegnativa escursione. Andrea è noto in tutto l'ambiente canoistico italiano (sia nella sfera agonistica che in quella turistica) per essere il costruttore delle leggendarie canoe ASA. E' in pensione già da un pezzo e la ASA non esiste più ma ovunque si vada si vedono barche costruite da lui parecchi decenni fa ancora perfettamente efficienti e non pochi sono gli appassionati che le cercano sul mercato dell'usato.
Abbiamo per qualche minuto parlato durante l'ultimissimo tratto e sicuramente ci sarà occasione per incontrarsi nuovamente: magari in primavera, magari durante un evento che alcuni aficionado di canoe vintage stanno organizzando e di cui Marco da qualche tempo mi parlava...


Lo sbarco di noi ultimi turisti, quando già si stavano facendo le premiazioni delle gare



Le "prime volte" di questa gita:
-Prima vera volta in fiume
-Primo evento "con pettorale" organizzato dalla Federazione Italiana Canoa Kayak
-Per ora l'evento con il più variegato tipo di imbarcazioni (la maggior parte K1 e K1 discesa ma anche C1, canadesi turistiche, surfsky, kayak da mare, canoe vintage, canoe in legno, strani cosi tozzi a due posti,...)


La Pocket Canyon a casa

foto Luca Cattaneo Non vedevo l'ora di mettere in acqua la mia nuova Pocket Canyon . Certo, non è stato un primo varo dato che l’avevo g...